Christine rifiuta il nome che le è stato attribuito, per usarne uno che si è scelto: Lady Bird. Odia Sacramento, dove non succede nulla, e sogna New York. Nella lotta per affermare le proprie scelte la asseconda il padre disoccupato, ma non la madre infermiera, preoccupata per il suo futuro.
Sotto le mentite spoglie del racconto di formazione di area indie, Greta Gerwig, al suo debutto da regista in solitudine, confeziona un’opera generazionale e universale, capace di comunicare al di là delle barriere culturali. Dove il compagno e mentore Noah Baumbach – con cui Gerwig ha scritto Frances Ha – privilegia un contesto newyorchese intellettualmente raffinato (e le sue storture), Gerwig guarda al proprio passato in provincia, modellando l’esperienza autobiografica sulle fattezze di Lady Bird, una ragazza difficile che a Sacramento – il “Midwest della California” – si sente prigioniera. Obbligata a frequentare una scuola cattolica, a coltivare amicizie poco soddisfacenti, a veder sfuggire di fronte a sé la possibilità di partecipare alla verve culturale della lontana East Coast.