NOI, Martedì 7 e Mercoledì 8 Maggio

In Tv uno spot pubblicizza l’iniziativa di beneficenza “Hands Across America”, siamo infatti nel 1986, quando sei milioni e mezzo di americani si tennero per mano e fecero donazioni per combattere fame e miseria. Un’immagine che colpisce la piccola Adelaide e che colpirà anche il suo doppio, incontrato una notte in una casa degli specchi in un Luna Park. Ai giorni nostri Adelaide è cresciuta, ha più o meno superato il trauma, e ha una famiglia, ma di nuovo una vacanza alla spiaggia scatena minacciosi doppi e questa volta non solo suoi, bensì di tutta la sua famiglia. Fin dal titolo Noi implica un Loro e del resto la locandina stessa evoca la dualità con i cerchi di un paio di forbici, perché il nuovo film di Jordan Peele è un horror politico sulle disparità e le specularità e, come i migliori film sul doppio, è un crudele gioco di ribaltamenti.

CAFARNAO, da Sabato 4 a Lunedì 6 Maggio

Zain è un ragazzino dodicenne appartenente a una famiglia molto numerosa. Facciamo la sua conoscenza in un tribunale di Beirut dove viene condotto in stato di detenzione per un grave reato commesso. Ma ora è lui ad aver chiamato in giudizio i genitori. L’accusa? Averlo messo al mondo. Nadine Labaki, al suo terzo lungometraggio, conferma la sua profonda empatia con coloro che si trovano a vivere situazioni di disagio sociale. Questa volta però abbandona totalmente qualsiasi riferimento o anche solo accenno alla commedia per immergerci in una dimensione di dramma che ha al centro un minore e una società che, non sempre per colpa ma comunque oggettivamente, non ha alcuna cura nei confronti di chi invece ne avrebbe maggiormente bisogno. 

ORO VERDE, Martedì 30 Aprile e Mercoledì 1 Maggio

Oro verde – C’era una volta in Colombia è un dolente canto poetico sulla profanazione di un mondo perduto, nascosto, ma che al contempo accetta di farsi profanare perché sedotto dal miraggio della ricchezza. Film d’apertura della Quinzaine des réalisateurs all’ultimo festival di Cannes, dove ha vinto il premio della critica, giunge in sala il quarto lungometraggio del regista colombiano Ciro Guerra, questa volta in coppia con la sua produttrice Cristina Gallego che debutta così alla regia. Un film che va alle origini del narcotraffico colombiano.

Se non è un capolavoro è comunque un film importante, un’opera fortemente originale che, se lasciata sedimentare, dispiega ulteriormente la sua forza, quasi da cinema d’altri tempi. Il titolo precedente di Ciro Guerra, L’abbraccio del serpente – vincitore come miglior film della Quinzaine des réalisateurs a Cannes nel 2015 e primo lungometraggio colombiano a essere candidato agli Oscar – vedeva protagonista un vero sciamano della giungla amazzonica profanata, ieri come oggi, dall’avidità dei bianchi e fotografata in un mirabile bianco e nero. Qui siamo invece in un film girato a colori dove il protagonista non c’è o, per meglio dire, al centro c’è un’intera collettività composta da attori professionisti e non professionisti. In Oro verde è il legame familiare che salda l’unione tra gli individui e le famiglie si saldano a loro volta con la comunità.